BURNOUT:uno sguardo al fenomeno
Il burnout è generalmente definito come una sindrome di esaurimento emotivo, di de-personalizzazione e de-realizzazione personale, che può manifestarsi in tutte quelle professioni con implicazioni relazionali molto accentuate (possiamo considerarlo come un tipo di stress lavorativo).
È una malattia in costante e graduale aumento tra i lavoratori dei paesi occidentalizzati a tecnologia avanzata, ciò non significa che qualcosa non funziona più nelle persone, bensì che si sono verificati cambiamenti sostanziali e significativi sia nei posti di lavoro sia nel modo in cui si lavora.
La sindrome da Burnout può presentarsi in persone che, per professione, sono a contatto e si prendono cura degli altri:le loro esigenze, l’essere a disposizione delle molteplici richieste e necessità, sono alcune delle caratteristiche comuni a tutte quelle attività che hanno obiettivo professionale il benessere delle persone e la risoluzione dei loro problemi, come nel caso di medici, psicologi, infermieri, insegnanti, ecc..
Negli anni nella sindrome del Burnout sono state inclusi anche tutti quei professionisti o lavoratori che hanno un contatto frequente con un pubblico, con un’utenza, quindi non più solo gli “helper”.
Possono quindi far parte di tali categorie tanti liberi professionisti o dipendenti: l’avvocato, il ristoratore, il politico, l’impiegato delle poste, il manager, la centralinista, la segretaria ecc..
Il burnout viene considerato, da molti studiosi, non solo un sintomo di sofferenza individuale legata al lavoro (stress lavorativo), ma anche come un problema di natura sociale provocato da dinamiche sia sociali, sia, politiche, sia economiche; la sindrome può infatti interessare il singolo lavoratore, lo staff nel suo insieme e anche istituzioni (per esempio l’organizzazione dei soccorsi in situazioni di crisi come i Vigile del Fuoco, i Militari, le Forze dell’Ordine ecc.).
Storia del burnout
Il termine burnout in italiano si può tradurre come “bruciato”, “scoppiato”, “esaurito” la psichiatra americana C. Maslach nel 1975, ha utilizzato questo termine per definire una sindrome i cui sintomi evidenziano una patologia comportamentale a carico di tutte le professioni ad elevata implicazione relazionale.
La Maslach definisce il burnout come una perdita di interesse vissuta dall’operatore verso le persone con le quali svolge la propria attività (pazienti, assistiti, clienti, utenti, ecc), una sindrome di esaurimento emozionale, di spersonalizzazione e riduzione delle capacità personali.
Le caratteristiche del burnout
La sindrome del burnout ha maggiore probabilità di svilupparsi in situazioni di forte divario tra la natura del lavoro e le peculiarità naturali della persona che svolge quel lavoro.
Molti contesti lavorativi richiedono una forte dedizione ed un notevole impegno, sia in termini economici sia in termini psicologici e, in certi casi, i valori personali sono messi in primo piano a scapito di quelli lavorativi. Le richieste quotidiane rivendicate dal lavoro, dalla famiglia e da tutto il resto consumano l’energia e l’entusiasmo del lavoratore.
Quando poi successo, conquista ed obiettivi (spesso troppo ambiziosi) sono difficili da conseguire, molte persone perdono la dedizione data a quel lavoro, cercano di tenersi a distanza pur di non farsi coinvolgere e, spesso, diventano cinici.
Il burnout ha manifestazioni specifiche:
Un deterioramento progressivo dell’impegno nei confronti del lavoro (un lavoro inizialmente importante, ricco di prospettive ed affascinante diventa sgradevole, insoddisfacente e demotivante)
Un deterioramento delle emozioni (sentimenti positivi come per esempio l’entusiasmo, motivazione e il piacere svaniscono per essere sostituiti dalla rabbia, dall’ansia, dalla depressione)
Un problema di adattamento tra la persona e il lavoro (i singoli individui percepiscono questo squilibrio come una crisi personale, mentre in realtà è il posto di lavoro a presentare problemi)
In sintesi le dimensioni tipiche del burnout sono:
Esaurimento.
La persona si sente prosciugata, incapace di rilassarsi e di recuperare, manca energia per affrontare nuovi progetti, nuove persone, nuove sfide.
Cinismo.
Si assume un atteggiamento freddo e distaccato nei confronti del lavoro e delle persone che incontra sul lavoro, diminuisce sino a ridurre al minimo o ad azzerare il proprio coinvolgimento emotivo nel lavoro e può abbandonare persino i propri ideali/valori.
Inefficienza.
Si ha l’impressione che il mondo trami contro ogni tentativo di fare progressi, e quel poco che si riesce a realizzare, appare insignificante, si perde la fiducia nelle proprie capacità e in sé stessi.
SEGNI E SINTOMI DELLO STRESS LAVORATIVO
Alta resistenza ad andare al lavoro ogni giornosensazione di fallimento
rabbia e risentimento
senso di colpa e disistima
scoraggiamento ed indifferenza
negativismo
isolamento e ritiro (disinvestimento)
senso di stanchezza ed esaurimento tutto il giorno
guardare frequentemente l’orologio
notevole affaticamento dopo il lavoro
perdita di sentimenti positivi verso gli utenti
rimandare i contatti con gli utenti, respingere le telefonate e i contatti con i clienti
Sintomi fisici
stanchezza
necessità di dormire
irritabilità
dolore alla schiena
cefalea
stanchezza agli arti inferiori
dolori viscerali
diarrea
inappetenza
nausea
vertigini
dolori al petto
alterazioni circadiane
crisi di affanno
crisi di pianto
Sintomi psichici
stato di costante tensione
irritabilità
cinismo
depersonalizzazione
senso di frustrazione
senso di fallimento
ridotta produttività
ridotto interesse verso il proprio lavoro
reazioni negative verso familiari e colleghi
apatia
demoralizzazione
disimpegno sul lavoro
distacco emotivo
Cosa fare praticamente
Riconoscere la sindrome del burnout non è così facile, spesso si tende a ricondurre il tutto come un problema dell’individuo e non del contesto lavorativo nel suo insieme.
Le organizzazioni quasi sempre ignorano questo problema e questo rappresenta un errore molto pericoloso, in quanto il burnout può incidere pesantemente sull’economia dell’intera organizzazione.
La risoluzione del fenomeno burnout dovrebbe essere affrontata sia a livello organizzativo che a livello individuale, l’organizzazione che si assume la responsabilità di affrontare il burnout, lo può gestire in modo garantirsi il proprio personale produttivo nel tempo.
L’aiuto maggiormente efficace per la singola persona è sicuramente un intervento da parte di un professionista competente in materia che possa fornire strumenti cognitivi, favorire una maggiore comprensione/consapevolezza del problema, aiutare a comprendere le relazioni esistenti tra il comportamento personale, il proprio vissuto ed il contesto di vita e lavorativo, modificare il proprio comportamento e i propri atteggiamenti in coerenza con quanto acquisito.
Ma tali interventi sul singolo non sono semplici: il singolo può avere difficoltà a rivolgersi ad uno psicologo per farsi aiutare, ciò a causa sia di pregiudizi verso la categoria di professionisti che si occupa di tali problematiche, sia perché spesso non è in grado di chiedere aiuto e/o si imbatte in altre categorie di professionisti non competenti in tali materie. Purtroppo ancor oggi molti preferiscono pensare di avere un problema organico invece di accettare l’idea di poter avere un problema psicologico anche se causato da fattori esterni.
Interventi per fermare/ affrontare/superare/prevenire il burnout
Azioni possibili a livello individuale:
porsi degli obiettivi realistici
variare la routine
fare delle pause
prevenire il coinvolgimento eccessivo nei problemi della vittima
favorire il benessere psicologico e bilanciare frustrazione e gratificazione
applicare tecniche di rilassamento fisico e mentale
separare lavoro e vita privata, per evitare la propagazione del malessere nella vita familiare
Azioni possibili a livello sociale:
rafforzamento della relazione con amici e familiari allo scopo di compensare i sentimenti di fallimento e frustrazione legati alla vita lavorativa,volontariato,ecc.
rafforzamento delle relazioni positive con altri soccorritori da cui possono derivare riscontri positivi,sostegno,utili confronti.
Azioni possibili a livello istituzionale:
Incontri con il personale dei diversi livelli per fluidificare i rapporti e risolvere le conflittualità
riorganizzazione del lavoro per renderlo più vario ed interessante
promuovere il confronto tra le aspettative delle vittime e gli obiettivi del servizio, per evitare equivoci.
Altri interventi:
Chiarezza degli obiettivi organizzativi e coerenza tra enunciati e pratiche organizzative
Riconoscimento e valorizzazione delle competenze
Comunicazione intraorganizzativa circolare
Circolazione delle informazioni
Prevenzione degli infortuni e dei rischi professionali
Clima relazionale franco e collaborativo
Scorrevolezza operativa e supporto verso gli obiettivi
Giustizia organizzativa
Apertura all’innovazione